martedì 23 agosto 2011

Sul “nuovo” Statuto di Tor Vergata

Non era un mistero, e lo abbiamo più volte denunciato, che il progetto di devastazione dell’università pubblica portato avanti dalla ministra Gelmini trovasse solerti sostenitori tra i detentori del potere accademico, ai quali la riforma prometteva e conferiva la gestione assoluta e incontrastata delle macerie. E che infatti non hanno aspettato un minuto di più per accaparrarsi potere e arbitrio, dandoci un avvertimento su quale sarà l’università del futuro.
La vicenda della scrittura degli statuti è un esempio vergognoso di questa tendenza, su cui riteniamo importante rompere il silenzio, come anche nostri colleghi di altre università stanno facendo.
1. La nomina della commissione statuto
Avevamo chiesto, con una petizione sottoscritta da oltre 600 persone, che la commissione a cui la legge Gelmini affidava il compito di redigere il nuovo statuto fosse scelta con elezioni democratiche da studenti e lavoratori di Tor Vergata.
La risposta che il Rettore, il Senato Accademico e il CdA hanno dato a questa elementare richiesta è stata di chiusura totale. Il Senato ha nominato 6 commissari indicati dalle Facoltà secondo meccanismi poco democratici e trasparenti, salvo poche eccezioni. Già in questo primo passaggio la voce di molti protagonisti della vita del nostro ateneo è stata ignorata (precari e amministrativi non sono presenti nei Consigli di Facoltà, studenti, ricercatori e tecnici vi partecipano solo tramite una rappresentanza) ed è stato sancito il principio della salvaguardia degli equilibri accademici precostituiti.
Il Rettore ha quindi limitato le elezioni richieste ai soli 6 componenti di nomina del Cda, e le ha trasformate in una consultazione telematica non vincolante, ristretta al solo personale strutturato e da svolgere in tempi strettissimi (meno di otto ore, notturne, di preavviso), la cui democraticità si commenta da sé. Per aggiungere poi il danno alla beffa, il CdA ha nominato i commissari non in base ai voti espressi, ma ad altri misteriosi criteri: le due candidate più votate del personale tecnico amministrativo, protagoniste del movimento anti-Gelmini, con i loro quasi 100 voti a testa non sono state neanche prese in considerazione (sostituite dal terzo votato, con circa 60 voti, e da una lavoratrice neanche candidata), ma docenti e ricercatori con 50 o addirittura 20 o 15 voti sono entrati a far parte della commissione. Unica eccezione, il candidato ricercatore che si richiamava al movimento di lotta contro lo smantellamento dell'università pubblica, che con quasi 170 voti non ha potuto essere escluso neanche da un CdA così esplicitamente servile. Per quanto riguarda inoltre i due rappresentanti degli studenti, questi sono stati scelti direttamente dal Rettore.
2. I lavori della commissione
Era prevedibile che una commissione statuto così composta, espressione di un CdA che a Tor Vergata, precorrendo la riforma Gelmini, era già da tempo emanazione del Rettore, avrebbe lasciato disattesa ogni richiesta di trasparenza anche solo formale, nonché di democraticità sostanziale sia nei contenuti sia nelle modalità del dibattito sull’assetto futuro del nostro ateneo e della stesura dello statuto.
I fatti hanno presto dimostrato che tali sinistre aspettative erano più che fondate. Per circa due mesi i lavori della commissione hanno proceduto a rilento, nell’evidente disinteresse del Rettore, e fortemente condizionati da una bozza di statuto elaborata da un fantomatico “comitato di saggi” coordinato da un giurista dell’Ateneo. Ed inoltre, non contenta di questa ulteriore palese mancanza di democraticità e trasparenza, o forse proprio per questa, la commissione si mostrava sorda alle ripetute richieste di pubblicità dei suoi lavori che venivano avanzate da più parti, anche in audizioni ufficiali. Inutile dire che anche le richieste sul merito dello statuto avanzate dai lavoratori dell'università che si riconoscono nel movimento anti-Gelmini, e tese a garantire un’ampia rappresentanza e democraticità negli organi di governo dell’Ateneo, sono state ignorate. Oppure, peggio, sfacciatamente strumentalizzate, come quando il Rettore le ha prese a pretesto per giustificare un meccanismo di nomina del CdA che lo riduce di fatto alla sua segreteria.
3. L’epilogo
Dopo la conclusione dei lavori della commissione, il 16 giugno, il Rettore ha annunciato che prima dell’approvazione finale avrebbe sottoposto la bozza al solito giurista per una “limatura giuridica”. Nella successiva, ed ultima, riunione della commissione statuto, il 28 giugno, il Rettore ha presentato un testo di circa 25 pagine contro le circa 50 preparate dalla commissione, con notevoli tagli - tra cui spicca la sostanziale eliminazione dei consigli di corso di studio dagli organi di governo dell’Ateneo, a dimostrazione di quanto la qualità della didattica venga ritenuta centrale - e qualche aggiunta, tesa più che altro a mantenere intatti il più possibile gli attuali equilibri di potere accademici.
Una commissione statuto il cui compito era evidentemente solo una copertura per scelte operate altrove, non si è neanche offesa dell’esplicito disprezzo per il lavoro di mesi, e ha approvato con due sole astensioni e qualche timida e raffazzonata proposta di emendamento uno statuto più illegittimo che mai.
E nelle tre sedute di luglio del Senato Accademico, che per legge deve adottare lo statuto redatto dalla commissione, sono comparsi di volta in volta testi diversi, redatti non si sa bene da chi, contraddittori e tirati via, il cui unico elemento chiaro e distintivo è l'adesione ad un progetto oligarchico e gerarchico oltre che demolitore, in cui lavoratori e studenti sono privati di ogni voce e anche di ogni strumento decente e realistico di controllo democratico, ridotti a manovalanza di un sistema dequalificato e proiettati in un mondo del lavoro che ci vuole sempre più asserviti.
Per tutto questo, denunciamo con forza la visione autoritaria e verticistica del governo dell’Ateneo che permea il nuovo statuto, e che si riflette nel suo processo di elaborazione ed approvazione, che ha sistematicamente escluso le istanze di democrazia, trasparenza e difesa del carattere pubblico dell’università provenienti dai lavoratori e dagli studenti dell’Ateneo. Continueremo a difendere la nostra dignità e il valore del pensiero critico e libero, contro l’arroganza del potere accademico, che si vorrebbe incontrastato.
Lavoratori e studenti contro la riforma Gelmini

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